Rosa Mariotti

Un'italiana alle Hawaii

Cristiana Grassi, la nostra food blogger de L’orata Spensierata, è tornata. Dopo I dolci Siciliani inauguriamo una serie di interviste agli italiani che insegnano la nostra cucina nel mondo.

Quelli che dicono che Facebook non serve a nulla se non a perdere tempo hanno (parzialmente) torto. A me questo “strumento social” per eccellenza ha dato la possibilità, negli anni, di conoscere belle persone. Quindi vi dico che basta cercare i giusti contatti, scegliendo tra chi ha i vostri stessi interessi: la cucina, per esempio.




L’amore per il cibo – buono, pulito e giusto, possibilmente – unisce. Ecco che così tra le mie amicizie figurano cuochi professionisti e grandi maestre di cucina. Una di loro è Rosa Mariotti, la quale è entrambe le cose: una chef e una maestra. Sia perché sa insegnare – ed è qualificata per farlo – e trasmettere informazioni e sentimenti anche attraverso un post o una foto, sia perché, di fatto, ha una scuola di cucina.

Con lei voglio iniziare un percorso che mi porterà a intervistare diverse persone che, attraverso il cibo, diffondono la cultura e lo stile italiano nel mondo. Eh, sì, perché Rosa Mariotti sta alle Hawaii – in un posto cioè che, per me, si colloca tra il mito e il cinematografo, mentre lei insiste che esiste davvero – e lì produce ravioli, dolci, pasta e pane in puro Italian style.

Rosa è sbarcata sulle bianche spiagge del Pacifico venendo non direttamente da Perugia, da dove è partita nel 1996, ma dall’Oregon (uno stato che ha come simbolo un adorabile castoro) dove ha studiato – lo dimostrano i “pezzi di carta” – e insegnato cucina italiana e fusion per quasi dieci anni.

Caso vuole che Oregon e Italia centrale siano sullo stesso parallelo e che lo stato del castoro sia il primo produttore mondiale di nocciole e il secondo produttore di tartufi dopo l’Italia. E che anche carni e pesci siano eccellenti. Quindi non è stato difficile per Rosa trovare ingredienti per i suoi piatti e applicare tecniche e tradizioni italiane ai prodotti locali.

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Intervista Rosa Mariotti

La cucina Italiana insegnata alle Hawaii

Ok, abbiamo nocciole e tartufi in comune, ma chi sono i tuoi allievi? Cosa pensano dell’Italia? La conoscono? La cucina italiana è “esotica” e “curiosa” in un senso fine a se stesso o ne percepiscono il valore culturale più ampio? Sanno delle enormi differenze tra… diciamo, la cucina della Lombardia e quella della Puglia, o sono immersi nello stereotipo pummarola/pizza/spaghetti bolognese validi da nord a sud della penisola senza soluzione di continuità?

Rosa Mariotti: all’inizio della mia carriera di insegnante di cucina avevo intenzione di creare classi di fruizione popolare, ma la dura realtà – in particolare il costo delle materie prime – fa sì che la maggior parte dei miei alunni siano persone abbienti di classe media. La maggior parte di loro è stata in Italia anche più volte e per questo tutti ricercano e apprezzano la cucina che propongo. Anche ora, che vivo alle Hawaii a tredicimila chilometri da Roma, ho chiesto alla mia classe – una ventina di persone – quanti fossero stati in Italia. Quasi tutti hanno alzato la mano!




Ogni tanto trovo un benefattore che mi sponsorizza e così posso fare delle lectures, ovvero dimostrazioni gratuite di cucina. Gli incontri si tengono in una libreria, o in un centro commerciale e in quei casi propongo una lezione monotematica sul risotto, per esempio, o sulla pizza, che va sempre forte.

I corsisti sono molto interessati nella mia Regional Series, ovvero lezioni dove ogni regione italiana, da nord a sud, viene rappresentata con piatti tipici. Vogliono conoscere la storia dei piatti, della regione, la sua geografia; e apprezzano il risultato estetico e cromatico dei piatti, notando come la cucina friulana sia decisamente meno colorata di quella siciliana, per esempio.

Per non parlare poi di quando si affronta il tema degli ingredienti che, prima delle scoperte delle Americhe, non esistevano in Italia – e in Europa in generale – come pomodori, patate, mais, cacao… È bellissimo vedere quando hanno l’attimo di “illuminazione” e capiscono la complessità della cucina italiana, come essa si intersechi con la sua storia, come la sua varietà abbia a che fare con la complessità del territorio, con le difficoltà politiche, con le differenze linguistiche.

Inizio parlando dell’Umbria, che è la mia regione, e parto dagli Etruschi affrontando via via i piatti e i vini tipici umbri, ma non mi fermo lì. Insegnare solo una regione sarebbe un peccato, perché gli alunni si perderebbero la visione complessiva dell’ampio panorama della cucina italiana. Sì, è vero che alcune regioni hanno un patrimonio culinario più grande o più vario di altre, ma farei un disservizio alla mia cultura se mi soffermassi solo su quelli più popolari.

Mentre impasti e cuoci fai un po’ di promozione turistica? Decanti le bellezze del Paese – il nostro – così, per puro amore di patria? E chi viene da te ha mai sperimentato le vere bellezze e il vero stile di cucina?

Rosa Mariotti: certamente! Ho parecchi amici chef con scuole di cucina in Italia – ad Assisi, o Lecce – e alcuni miei alunni sono andati a visitarle e si sono innamorati ancora di più del cibo italiano e del territorio! Poi, naturalmente, ci sono quelli che vogliono visitare i posti più classici tipo le Cinque Terre in Liguria, o Venezia. Ma a quelli che vogliono sperimentare “la strada meno turistica” propongo, per esempio, le Marche…

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Una domanda tecnica: gli ingredienti. Cerchi in qualche modo di “addomesticare” le tipiche ricette italiane utilizzando ingredienti più familiari al palato degli americani o rimani fedele alla linea cercando, anzi, di educare loro ai nostri sapori?

Rosa Mariotti: mai! Il momento in cui mi ridurrò a fare la Pasta Alfredo oppure Spaghetti & Meatballs sarà il momento in cui appenderò il grembiule al chiodo! Anzi, ho notato che, una volta che gli americani sono informati e che imparano a conoscere i sapori, sono in grado di apprezzare meglio gli ingredienti: il Carnaroli anziché l’Arborio, il Pecorino anziché un banale formaggio già grattugiato in busta.

Anche qui alle Hawaii ho un contatto italiano che acquista formaggi per un negozio locale; nelle prossime classi voglio parlare di Gorgonzola dolce, di Burrata, di altri formaggi meno conosciuti.

Poi, naturalmente, sono gli studenti a prendere la decisione finale sugli ingredienti in base alla loro situazione logistica, economica e di gusto. Come educatore posso suggerire soluzioni alternative, ma mi fermo li; insomma cerco non di imporre, ma di consigliare. Una cosa importante faccio, però: in tutte le mie classi propongo un abbinamento con i vini. Avendo seguito molte lezioni di abbinamento vini quando vivevo in Oregon, suggerisco sia vini Americani sia italiani – che però qui hanno spesso prezzi proibitivi – e gli studenti apprezzano tantissimo.

Quanta importanza dai all’estetica dei piatti? Si sa, gli italiani sono conosciuti nel mondo come maestri del bello. Veicoli anche questo concetto durante le tue lezioni

Rosa Mariotti: assolutamente sì! Mangiamo con gli occhi prima ancora che con il palato; quindi un impiattamento elegante è importante. Durante le lezioni parlo anche di portion control, cioè di come variano le quantità nelle porzioni italiane in confronto a quelle americane. In una classe con venti alunni e il tempo limitato di solito adotto uno “stile famiglia”; ovvero tutti si servono da soli.

Tuttavia il primo piatto che presento è, per tutti, quello che io chiamo scherzosamente kodak moment: cioè gli alunni studiano la presentazione nei dettagli e fanno foto. Quando impiatto non sono una di quelle maniache che passano venti minuti a sistemare decorazioni e foglioline… anche perché poi il piatto si fredda; però ci tengo molto all’eleganza.

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Ora seriamente. Gli Stati Uniti sono agli occhi di noi italiani il luogo delle peggiori nefandezze culinarie; delle mode alimentari e delle contraddizioni. Chi mangia al massimo pasti in vaschetta di plastica riscaldati al microonde e non ha la più pallida idea di cosa significhi cucinare; chi fa compere solo al farmer’s market o si autoproduce il cibo per paura delle contaminazioni; chi non sa nulla di cosa significa agricoltura e allevamento intensivo; chi contro queste questioni, che investono la società, l’economia e la sanità, organizza crociate; chi non va oltre la tradizionalissima peach cobbler e chi adora i cibi italiani importati (dal panettone al prosciutto San Daniele, dal Grana Padano al pane carasau). Tu che sei una veterana sia degli States, sia della cucina cosa ne pensi?




Rosa Mariotti: beh… se sono qui da ventuno anni indubbiamente ne penso bene! Ci sono tantissime cose che mi piacciono degli States. La snellezza della burocrazia e l’efficienza in generale, tanto per dirne due. Della cucina ci sono cose che apprezzo tantissimo e che mi hanno aiutato a migliorare e a diventare una chef italiana che pensa outside the box. Al college, mentre studiavo Hospitality Management, culinaria o pasticceria, nella mia classe c’erano studenti di culture e background diversi.

Ho scoperto piatti che non conoscevo e che ho potuto aggiornare con ingredienti italiani. Ho scoperto piatti tipo il dukkah che qui faccio con le noci di Macadamia e che in Italia faccio con le nocciole; i ravioli khinkali che ho riadattato con il pesce… insomma sono convinta che in questo melting pot la creatività si esalti. Nessuno inventa nulla in cucina, ma può sperimentare diverse combinazioni di sapori. Come nella musica, le note sono le stesse, bisogna solo creare nuovi motivi!


Trovate Rosa Mariotti, oltre che nelle sue classi di cucina, al Sugar Beach bake shop di Kihei, Hawaii (se ci passate, non si sa mai che vi venga voglia di dolce…) dove propone alta pasticceria e pane lavorato con il lievito madre. Poi ci sono il suo spazio web Growing up italian sulla piattaforma Giallo Zafferano e il suo profilo Instagram, dove potrete ammirare le sue bellissime e originali creazioni. Sono tratte da lì le immagini che illustrano questo articolo.

Cristiana Grassi aka Orata Spensierata

Gallery: Rosa Mariotti La cucina italiana insegnata alle Hawaii

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