Made in Italy normativa, i diritti e le sanzioni

Tutto ciò che bisogna sapere sul marchio Made in Italy

Il 2 ottobre 2017 la Commissione Mercato Interno e Protezione dei Consumatori del Parlamento Europeo ha approvato una serie di norme che obbligano il produttore ad indicare sui prodotti di origine controllata il made in cioè luogo dove è nato il prodotto.

Secondo tali disposizioni tutti i prodotti dovranno presentare il marchio made in sulla propria etichetta per essere immessi nel mercato. Ciò permetterà di valorizzare il patrimonio manifatturiero dell’artigianato e dell’impresa diffusa, di difendere i consumatori che in questo modo saranno correttamente informati sull’origine dei beni acquistati, e fatto non meno importante, sarà più facile combattere il fenomeno della contraffazione.

Per il Made in Italy è un traguardo importante perché così saranno difese le imprese e tutelata l’origine dei prodotti italiani.

Ma cosa s’intende per Made in Italy?

"Un prodotto è Made in Italy quando nel nostro Paese è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale"

Normativa Europea

Made in Italy: normative, diritti e sanzioni

Cosa si intende e chi tutela

In linea generale un prodotto può essere considerato di origine italiana e contenere l’indicazione Made in Italy quando nel nostro Paese è avvenuta l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale. Al riguardo la normativa in materia, sia a livello comunitario che nazionale non è molto chiara, pertanto spesso sorgono problemi interpretativi, aggravati dal fatto che, molti produttori ambiscono a poter utilizzare la dicitura Made in Italy perché nel mondo i prodotti italiani sono associati alla qualità, alla ricerca e alla tradizione tra i tanti campi in cui il nostro Paese è famoso ricordiamo quello della moda e il settore automobilistico.

A parte alcuni settori come i prodotti agroalimentari, la legge non prevede l’obbligo della dicitura Made in Italy, di conseguenza è facoltà dell’imprenditore decidere se indicare la provenienza del prodotto o meno.

Molti imprenditori per attirare i consumatori ad acquistare i loro prodotti, utilizzano illegittimamente la dicitura del Made in Italy. Tuttavia per poter apporre la dicitura Made in Italy, il prodotto deve essere interamente fabbricato in Italia. Se alla produzione di un determinato prodotto hanno partecipato due o più Paesi, tale prodotto sarà Made in nel Paese dove è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale.

Made in Italy è quindi un’espressione che può essere usata solo nel caso in cui il prodotto sia stato disegnato, progettato, lavorato e confezionato esclusivamente sul territorio italiano oppure se, ai sensi dell’art. 36 del Codice Doganale Comunitario Aggiornato, il bene abbia subito l’ultima trasformazione sostanziale secondo le indicazioni di cui all’allegato 10,11 e 15 del Regolamento di Attuazione del C.D.C.A.

Pertanto se un’impresa può indicare l’origine italiana ai fini doganali ha altresì la facoltà di apporre il marchio d’origine Made in Italy. Qualora il prodotto fosse realizzato in diversi paesi, dovrà essere indicato, come origine, il luogo dove sia avvenuto “il principale processo di fabbricazione del prodotto” e la sua “sostanziale trasformazione”. L’indicazione d’origine obbligatoria, comprensiva del nome e dell’indirizzo del fabbricante, permetterà, quindi, una piena tracciabilità dei prodotti poiché potrà essere individuato il luogo di effettiva produzione degli stessi.

"La falsa indicazione di origine e di provenienza di un prodotto è sanzionata penalmente "

Abuso del marchio Made in Italy

La falsa indicazione di origine e di provenienza di un prodotto è sanzionata penalmente con una pena detentiva fino a due anni ed una multa fino a 20.000 Euro (art. 517 del codice penale). Se invece sono riportate sul prodotto espressioni, segni o marchi del tipo una bandiera italiana che possono indurre il consumatore a ritenere che il prodotto sia di origine italiana mentre invece è stato realizzato all’estero, si rientra nell’ambito dell’illecito amministrativo.

In sostanza è configurabile una fattispecie di reato solo quando oltre al proprio marchio o all’indicazione della località in cui l’azienda ha sede, l’imprenditore apponga una dicitura con cui attesti espressamente che il prodotto è stato fabbricato in Italia o comunque in un Paese diverso da quello di effettiva fabbricazione.

Quanto appena detto è ben spiegato in una sentenza abbastanza recente della Suprema Corte di Cassazione, Sezione III Penale (n. 5452 del 22.12.16): “Integra la condotta punibile, legge n. 350 del 2003, quella realizzata:

a) mediante la stampigliatura “made in Italy” su prodotti e merci non originari dall’Italia ai sensi della normativa Europea sull’origine che integra la fattispecie di “falsa indicazione” dell’origine ed è punibile ai sensi dell’art. 517 c.p.;

b) mediante l’utilizzo di un’etichetta del tipo “100% made in italy”, “100% Italia”, “tutto italiano” o “full made in Italy”, per contrassegnare prodotti non interamente disegnati, progettati, lavorati e confezionati nel nostro Paese, costituendo la stessa un’ipotesi aggravata di “falsa indicazione” dell’origine, punibile, ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 135 del 2009, art. 16, comma 4, e dell’art. 517 c.p., con le pene previste da quest’ultima disposizione, aumentate di un terzo, che rende questa previsione speciale rispetto alla precedente, di portata generale;

c) mediante “l’uso di segni, figure e quant’altro” che induca il consumatore a ritenere, anche in presenza dell’indicazione dell’origine o provenienza estera della merce, che il prodotto sia di origine italiana, trattandosi esemplificativamente dei casi in cui sul prodotto sono apposti segni e figure tali da oscurare, fisicamente e simbolicamente, l’etichetta relativa all’origine, rendendola di fatto poco visibile e non individuabile all’esito di un esame sommario del prodotto, realizzandosi in questo caso la fattispecie di “fallace indicazione”, punibile ai sensi dell’art. 517 c.p..

Avvocato Daniela Bardoni

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